Siccità, alluvioni, uragani. I mari si surriscaldano, i ghiacciai si sciolgono. La crisi climatica devasta il pianeta. Anche l’agricoltura e i lavoratori sono sconvolti. Bisogna correre ai ripari altrimenti il prossimo potrebbe essere l’ultimo raccolto.

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I mostri della laguna e dello stretto

L’estate 2023 passerà alla storia come quella del “granchio blu”, una specie aliena che ha invaso le lagune, a Venezia come a Orbetello. Dotato di una forza enorme il crostaceo che viene dalle Americhe frantuma cozze, vongole e persino le reti dei pescatori. A Orbetello è soltanto l’ultimo di una serie di sconvolgimenti che minacciano l’habitat e i posti di lavoro di chi ci vive. Nello stretto di Messina, invece, il surriscaldamento provoca l’anticipo di migrazione del pesce spada. Le ormai pochissime feluche che lo pescano sono a rischio estinzione. Ma è tutto il settore della pesca che, fra tanti mali decennali, ora subisce anche l’aggressione della crisi climatica.

I sommersi

Le piogge torrenziali e le grandinate non sono più fenomeni sporadici e, soprattutto, hanno ormai dimensioni e intensità mai viste prima. Così, dopo l’alluvione in Romagna, i campi potrebbero non essere più in grado di produrre e comunque si dovranno aspettare anni prima di ritornare allo stato precedente. Nel mantovano le pere, frutta pregiata, nemmeno riesco a crescere stroncate, dopo la siccità, da grandinate di dimensioni bibliche. Dovunque i lavoratori agricoli sono quelli che pagano il prezzo più alto: meno giornate di lavoro, quindi meno soldi, ma anche meno disoccupazione agricola che è calcolata sul tempo lavorato e dovrebbe coprire i periodi di fermo.

Il grande caldo

È forse il cambiamento climatico più evidente: l’aumento delle temperature. Quello che non si sa è che sui campi si traduce in un vero disastro che si chiama siccità. La parte centrale della Sicilia, per esempio, è a rischio desertificazione e i giovani non soltanto non vogliono più saperne dell’agricoltura, ma scappano proprio dalla regione. Non che al Nord le cose vadano meglio. In Lombardia, per dirne una, la mancanza di acqua ha stroncato la produzione del riso: dal Ticino al mantovano l’antico cereale fatica a crescere e molti produttori sono costretti a ridurre in costi. Tradotto: meno posti di lavoro e meno soldi in busta paga.

Un'altra produzione è possibile

Adattarsi o invertire la tendenza? La risposta non può esser una sola. Servono politiche agricole straordinarie, meno incentrate sul profitto e più attente alla biodiversità. La Flai Cgil ha da tempo iniziato un cammino di riflessione e di presa di coscienza. Ora sta mettendo in campo anche delle proposte. Non ci sono soltanto i trattori, c’è anche una strategia green che va difesa: produrre di meno e con più qualità, puntare all’innovazione anche nel lavoro. Il ruolo degli operai agricoli, forestali e della pesca è centrale non soltanto per difendere l’occupazione, ma anche per realizzare un’altra produzione, più umana e rispettosa della natura.